Vermouth bianco «Giglio»
Il Vermouth è un vino aromatizzato con Artemisia, spezie, erba e fiori a cui si aggiungono alcol e zucchero per dare più consistenza, rotondità, forza e per aiutarne la conservazione: è classificato come vino liquoroso.
Come tipologia, il Vermouth si suddivide in base al grado zuccherino e non al colore. Abbiamo i Vermouth Extra Dry o Extra Secco con meno di 30 grammi di zucchero per litro, sono i più affilati, austeri e amari al palato. I Vermout Dry invece contengono meno di 50 grammi di zucchero. In fine abbiamo lo Sweet Vermout, dal sapore molto dolce con zucchero pari o superiore a 130 grammi. È il più variegato e si suddivide a sua volta in bianco, rosato e rosso. Quest’ultimo è l’unico in cui è consentito l’uso del caramello come colorante.
Nel nostro caso il gusto spiccato dolce è ben bilanciato da una nota amaricante erbacea, tuttavia il gusto è molto vellutato.
Consigli
Il Vermout va servito sempre freddo, a una temperatura di partenza di 12 gradi. Liscio oppure con solo ghiaccio, anche se il massimo si raggiunge con 2 cubetti di ghiaccio, una fetta di arancia e la classica buccia di limone che dovrete strizzare sopra il vino prima di metterla dentro.
Curiosità
La storia del Vermout è millenaria: già gli antichi erano soliti aggiungere spezie, miele e acqua di mare nelle anfore di vino. Tuttavia la leggenda secondo cui Ippocrate sarebbe l’inventore dei vini «ippocratici» – vini aromatizzati con miele, erbe e spezie – è solo un mito. Ma perché nacquero i vini ippocratici? Questioni di gusto, salutistiche, digestive, terapeutiche – essendo considerati dei tonici –, ma soprattutto i vini venivano aromatizzati per mascherarne i difetti, dato che erano prodotti rozzi e altamente deperibili. Quando Venezia era la capitale delle spezie ne deteneva il monopolio commerciale e questo tipo di vino andavano di moda tra la nobiltà e le classi agiate. Ma siamo ancora lontani dal Vermout che conosciamo oggi. Dobbiamo fare un salto fino alla seconda metà del 1700 e spostarci in Piemonte, a Torino, per vedere nascere quello che oggi chiamiamo Vermouth grazie al leggendario Antonio Benedetto Carpano, giovane studioso di erboristeria.
La storia dei cocktail parte dall’aggiunta di distillati al Vermouth, i due pilastri della miscelazione: non a caso molte delle grandi ricette prevedono l’uso del Vermouth come ingrediente. Se si escludono quelli sud americani o tropicali – dove sono la frutta e i distillati della canna da zucchero come rum e cacacha i veri protagonisti –, molti dei drink più indimenticabili sono a base di Vermouth. Pensate a quanto sarebbe grigia la vita senza il Negroni…